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Luculliani sgarri natalizi! Parte prima

All’Immacolata

Devo confessare che queste feste natalizie, anche se abbiamo scelto di restare a Torino e non andare da nessuna parte per salvaguardare la salute di tutti, le abbiamo trascorse, dilettandoci a copiare, inventare o modificare ricette veramente succulente e di grande impatto.

I risultati sono tutt’ora visibili e quantificati dalla bilancia, ma senza falsa modestia devo anche dire che ne è valsa la pena.

Innanzi tutto, bisogna circoscrivere il periodo di cui sto parlando: per intenderci bene i sudisti azionano il timer dall’8 Dicembre, Festa dell’Immacolata, giorno nel quale ufficialmente comincia la produzione di cibo casalingo per onorare le feste e lo fermano solo il 6 Gennaio, giorno dell’Epifania che tutte le feste porta via.

Ogni paese ha le sue tradizioni culinarie ed essendo Giovanni ed io, come ormai sapete, di regioni diverse abbiamo i nostri “must”. Onde evitare di fare un torto all’altro quest’anno siamo partiti in tandem e le danze sono state aperte con le “grispelle calabresi” e le “pucce salentine”, rinviata ad altro giorno di festa comandata la preparazione delle famose “pittule” perchè, per gustare appieno le pietanze, bisogna anche non esagerare sin da subito.

Tutte le menzionate specialità hanno in comune l’utilizzo della farina poiché nascono da impasti che debbono essere lasciati lievitare, solo che mentre le grispelle e le pittule (anche queste ultime per comodità saranno trattate in questa prima parte) presentano un’alta idratazione e vanno poi fritte in abbondante olio, le pucce sono simili all’impasto del pane e quindi vanno cotte in forno.

Le prime due sono molto simili e necessitano l’acquisizione di grande maestria o almeno confidenza per gestire la massa appiccicosa che verrà porzionata e fritta al naturale o addizionandola con altri ingredienti che la rendono certo più gustosa: in Calabria è privilegiata l’acciuga o la sarda (la mia preferita!) oppure la rosamarina, peperoni, pomodori secchi o la nduja, in Salento privilegiano gli ortaggi come i cavolfiori lessi, i capperi e il pomodoro, la cipolla, in entrambe le tradizioni è previsto avvolgere pezzetti di baccalà ammollato.

Insomma, sono degli scrigni di prelibatezze che non si smetterebbe mai di sbocconcellare.

Le pucce hanno la forma e la pezzatura di un paninetto al latte, ma la consistenza è più compatta e il sapore molto più deciso, farcite sono una bomba, ma possono essere gustate anche da sole e una tira l’altra come le caramelle.

Anche in questo caso all’impasto si aggiungono delle piccole porzioni di ortaggi e verdure, bisogna farlo lievitare un paio di volte dando la forma e quindi infornare sino a quando non saranno dorate e si sentirà per tutta la casa quell’invitante profumo di buono.

In realtà le pucce come le grispelle e le pittule si possono trovare tutto l’anno quale tipico street food nelle feste di paese e nelle fiere, spesso vengono proposte come antipasti tipici nelle trattorie, ma a casa Cassano il giorno dell’Immacolata se ne prepara una versione particolare poiché si fanno solo con le olive e vanno mangiate farcite con tonno e formaggio.

Naturalmente un’appropriata degustazione prevede l’accompagnamento di ottimo vino rosso o rosè, ma a dirla tutta anche l’abbinamento con delle bollicine non lo abbiamo trovato affatto male.

Nota a margine: Ad onor del vero mi corre l’obbligo di fare un distinguo tra la versione con e senza patate dell’impasto delle grispelle e segnalare che oltre alla versione salata vi è anche una golosissima versione dolce.

La Calabria non è vasta come regione ma presenta enormi differenze anche in campo linguistico e culinario perciò troverete “zippuli” nel reggino e nel vibonese o “cuddrurieddu” o “crustulu” nel cosentino, noi lametini e nella zona del catanzarese le chiamiamo invece semplicemente grispelle (da non confondere con “crespelle” come le chiama qualcuno volendo italianizzare a tutti i costi il dialetto e ingenerando solo confusione).

L’aggiunta di patate lesse all’impasto di acqua, farina e lievito rende le grispelle più morbide anche il giorno dopo la preparazione, senza risulteranno più croccanti e mordaci.

La versione dolce prevede che dopo la frittura dell’impasto base le ciambelle siano cosparse di zucchero o di miele e mangiate calde!